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Come mettere in fuga gli utenti mobile


Eppure, nonostante il trend mobile sia attivo da ormai una decina di anni, continuano a persistere delle consuetudini dannose per l’utenza. Dai tempi di caricamento fino a interfacce incomprensibili, infatti, è molto semplice mettere in fuga i navigatori da device, i quali potrebbero quindi approdare sui lidi più congeniali della concorrenza. Quali sono, di conseguenza, gli errori più frequenti da astenersi da?

Volendo raccogliere alcune delle tendenze che potrebbero far fuggire a gambe levate gli utenti mobile, si potrebbe creare una breve lista riassuntiva:

  • Caricamento lento: per quanto gli operatori telefonici promuovano velocità miracolose su rete mobile, non tutti gli utenti hanno la possibilità di accedere a network 3G e 4G sufficientemente stabili. Sovraccaricare un sito con contenuti eccessivo pesanti – in particolare banner pubblicitari e video in riproduzione automatica – non farà altro che spingere il navigatore altrove. La landing page dovrebbe essere la più leggera possibile, trovata per l’apertura con qualsiasi connessione;
  • Abuso di hamburger: nessun consiglio di salute alimentare, bensì la tendenza tutta moderna di racchiudere il menu principale all’interno di un contenitore, rappresentato graficamente da tre barre verticali. Chiamato “menu hamburger”, proprio perché le tre linee ricordano i vari strati dell’alimento, questa configurazione è poco user-friendly, nonostante ampiamente diffusa. È la scelta migliore presentare le opzioni di navigazione in modo evidente, affinché l’fruitore non si perda, mantenendo sempre coerenza sia strutturale che di argomento. I menu racchiusi, invece, non solo costringono a un’azione aggiuntiva, ma potrebbero risultare poco identificabili dall’vista distratto;
  • Eccesso di swipe: sebbene lo swipe sia la gesture più diffusa in ambito mobile, può risultare anche una delle interazioni a display più irritanti. Si immagini l’utilizzatore che, per visualizzare tutte le immagini o i prodotti inseriti in uno slideshow, è costretto continuamente a trascinare le dita da una parte all’altra dello display touchscreen. Quando si può implementare, è sempre preferibile il singolo tap: è più immediato, riduce il movimento e permette all’fruitore di raggiungere le informazioni desiderate con facilità;
  • Target minuscoli: per quanto gli cellulare e i tablet moderni garantiscano risoluzione elevatissime e un touchscreen notevole al millimetro, l’fruitore si trova comunque sempre a interagire con schermi dalle dimensioni ridotte. Definire delle aree tap minuscole, a volte invisibili, costringerà l’fruitore a ripetere più volte l’modifica affinché possa essere correttamente interpretata. E quando dovrà ricorrere alle opzioni di zoom per la analisi del collegamento o del pulsante perduto, la fuga sarà ormai praticamente certa;
  • Responsive, ma non smoderatamente: si è soliti pensare che un’implementazione responsive, almeno nella sua configurazione di default, sia sufficiente per garantire un’ottima composizione dell’interfaccia su ogni dispositivo in circolazione. Così non avviene: ogni risoluzione dovrà essere testata preventivamente, così come ogni proporzione diagonale. Bisogna tenere in pugno a mente, infatti, come si debba lavorare in un range dalla varianza elevatissima, dai 300 ai 2.000 pixel di lato a seconda del dispositivo;
  • Numeri dimenticati: non vi è niente di più frustante, per un fruitore su telefono, dei numeri di telefono non accessibili con un tap. Ogni riferimento telefonico deve risultare cliccabile e, per ogni sistema operativo mobile, deve corrispondere all’attivazione delle funzioni di chiamata;
  • Social molesti: molti siti mobile prevedono l’inclusione di icone social laterali o superiori, pensate per inseguire realmente ogni movimento eseguito dall’fruitore sullo display. Scorrendo la pagina verso il basso, ad modello, queste icone scendono a loro volta, affinché rimangano sempre in bella rassegna. In questo modo, però, si coprono i contenuti: uno degli errori più gravi che si possa fare in fase di progettazione.

Via Smashing Magazine






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